Sul
disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dello Statuto del Consiglio d'Europa e dell'accordo
relativo alla creazione della commissione
preparatoria del Consiglio d'Europa, firmato a Londra
il 5 maggio 1949
Camera dei deputati, seduta del 13 luglio
1949
il disegno di legge (stampato n.
629), presentato dal Presidente del Consiglio, De Gasperi e dal ministro degli
affari esteri, Sforza, fu approvato dalla Camera dei deputati nella seduta del 13 luglio 1949, e, dopo l'approvazione definitiva da
parte del Senato nella seduta del 23 luglio,
divenne la legge 23 luglio 1949, n. 433. Il trattato che dava vita
al Consiglio d'Europa era stato
firmato il 5 maggio 1949 a Londra, da dieci Stati europei (Belgio, Danimarca, Francia, Italia,
Irlanda, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito e Svezia), ai quali se ne aggiunsero successivamente altri.
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[...] Ma non vi è dubbio che, attraverso questi
contrasti, che riflettono contrasti più vasti, anche il Consiglio
europeo tende ad inquadrarsi come uno strumento di questa stessa
politica, uno strumento della politica
atlantica, e quindi dobbiamo considerare l'accordo oggi sottoposto alla nostra ratifica come manifestazione di
politica atlantica.
Credo non vi sia bisogno di soffermarsi a dare di ciò
molte dimostrazioni. Basterebbe pensare all'origine;
il Consiglio europeo nasce dall'unione
occidentale, dal patto di Bruxelles, dal patto delle cinque potenze (Inghilterra, Francia e Benelux), che hanno preso
l'iniziativa di convocare le altre potenze. Basterebbe
leggere il preambolo del Consiglio europeo,
che ad un certo punto così dice: "Attaccati ai valori spirituali e morali, che sono il patrimonio comune
dei loro popoli, e che sono all'origine dei principi
di libertà individuale, di preminenza del diritto
su cui si fonda ogni vera democrazia, ecc." e confrontarlo con il preambolo del patto atlantico, il quale
ugualmente dice: "Gli stati contraenti sono decisi
a salvaguardare la libertà dei popoli,
la loro comune eredità e la loro civiltà fondate sui principi della democrazia", per sentire che unico è il motivo
ispiratore.
Sono gli stessi preamboli della Santa alleanza e del
Patto anticomintern. E sempre così: quando la
reazione vuole giustificare sé stessa, Si fa appello alla
tradizione, all'eredità, agli elementi del passato, e si chiama tutto questo difesa della civiltà,
della civiltà cristiana, della civiltà
occidentale, a seconda delle circostanze. Ma la sostanza è sempre la stessa. Ma
è, del resto, lo stesso ministro Sforza, che in un discorso pronunciato a
Bruxelles, il 20 giugno, disse che il Consiglio europeo è uno strumento della
politica atlantica; anzi, disse, che la vera unione europea è quella che si
manifesta attraverso il Patto atlantico.
Disse testualmente l'onorevole Sforza: "Il problema
della unità europea si è imposto progressivamente in tutti gli ambienti, nei
Parlamenti, tra gli scrittori politici, ed anche presso vari governi europei.
Nel breve giro di poche settimane ho firmato un trattato per la creazione di
un'unione doganale tra l'Italia e la Francia, un'unione doganale concepita
nello spirito che vi ha animato all'epoca del vostro accordo con i Paesi Bassi
e con il Lussemburgo. Ho firmato gli atti che garantiscono la vita della
Organizzazione economica per la cooperazione europea che ha sede a Parigi, la
quale speriamo divenga il ministero dell'economia europea. Ho firmato a
Washington con altri 11 ministri degli esteri il Patto atlantico, che
rappresenta, sotto alcuni aspetti, l'autentico inizio di una Unione europea ed
infine, il mese scorso, ho firmato per l'Italia, come il mio collega Spaak ha
firmato per il Belgio, l'atto costitutivo del Consiglio europeo e
dell'Assemblea europea". Non v'è dubbio quindi che l'onorevole Sforza
considera il Consiglio europeo come uno strumento di questa politica atlantica
e lo considerano tale anche gli americani — il che è più importante — come ad
esempio un autorevole ex-ministro degli affari esteri americano, Sumner Welles,
il quale in un articolo dell'I 1 febbraio, dopo il primo comunicato che
annunciava gli accordi per il Consiglio europeo, diceva: "Il progetto
attuale è un debole compromesso. Esso respinge la tesi francese, secondo cui
bisogna creare un potente Parlamento europeo. Il progetto non contiene nessuna
disposizione che preveda la limitazione delle sovranità nazionali.
Un'ombra di unione europea del genere di quella che si
progetta attualmente, ha delle chances di essere di qualche utilità pratica per
gli Stati Uniti?
Esiste una ragione valida perché non si dica francamente
a quei Paesi che ricevono aiuti a titolo Erp (European Recovery Program, ossia
Piano per la ripresa europea, ndr), e che riceveranno armi per la loro difesa
in conseguenza del Patto atlantico, che uno dei principali risultati ricercati
dal popolo americano, in cambio dei sacrifici che esso consente per l'Europa
occidentale, è una federazione reale dei Paesi dell'Europa
occidentale?"
È chiaro quindi che nelle intenzioni del ministro Sforza
e nella realtà dei fatti il Consiglio europeo è uno strumento per la
realizzazione delle stesse finalità che l'imperialismo americano si è assegnato
col patto atlantico. E uno strumento per sviluppare la stessa politica mondiale
dell'America, e contro la quale le resistenze inglesi hanno lo stesso
significato delle resistenze di un imperialismo che tramonta contro un
imperialismo che si afferma vittorioso, resistenze di un egoismo conservatore,
contro un egoismo aggressivo e conquistatore. Ora, quale è il posto che questo
Consiglio europeo occupa nel quadro generale di questa politica atlantica;
quale è la funzione che gli compete? È indubbiamente ed essenzialmente per ora
(in attesa di ulteriori sviluppi) una funzione dì copertura. Il patto atlantico
parla anche esso di ideali, ma parla anche di armi, che sono uno strumento di
politica molto più realistico; il piano Marshall parla di cooperazione, di
ideali, di mutuo appoggio, ma parla anche di quattrini, che sono qualche cosa
di prosaico. Ora è bene invece avere uno sfogo per i puri ideali, un'assemblea
dove si può parlare soltanto di ideali europeistici, e non di armi né di
quattrini.
Questo piace all'opinione pubblica; questo piace a certi
strati soprattutto della piccola e media borghesia. Perché noi ci rendiamo
meglio conto dell'importanza fondamentale che queste cose hanno nel quadro
generale della politica capitalistica, è necessario pensare che tutta la
società borghese è costruita essenzialmente su due piani: il piano della lotta
di classe, il piano ove si svolgono le cose così come sono realmente nella loro
dura brutalità, e il piano in cui questi rapporti di classe, in cui le
contraddizioni della società, in cui tutti i conflitti che ci dilaniano, sono,
viceversa, espressi e risolti in termini puramente formali e puramente giuridici.
La vecchia società precapitalistica chiamava più
brutalmente le cose col loro nome, aveva anch'essa una divisione in classi,
delle contraddizioni interne, una oppressione di classi su altre classi; ma
chiamava privilegi i privilegi, diceva apertamente che il servo della gleba era
legato alla terra, dava apertamente agli ordini privilegiati, nobiltà e clero,
maggiori diritti che al Terzo Stato, proclamava in tutte lettere quali erano le
restrizioni dei diritti dei cittadini non appartenenti agli ordini privilegiati.
Era una società che confessava apertamente le sue contraddizioni, perché
rimandava la soluzione di queste contraddizioni all'oltretomba: l'uomo che
sentiva la sua disuguaglianza su questa terra, si consolava pensando che era
uguale agli altri nell'aldilà e si rassegnava a un'oppressione che riguardava
solo il breve periodo di passaggio su questa terra.
La società borghese è sorta negando questi principi, è
sorta chiedendo che la società risolvesse le sue contraddizioni in questo mondo
e che cessassero gli ordini privilegiati e l'oppressione che ne derivava.
Perciò essa ha dovuto risolvere queste contraddizioni su questa terra; ma
poiché d'altro lato ha creato nuovi privilegi economici, essa ha potuto
risolverle solo su un piano giuridico formale, cioè il contrasto esiste ancora,
l'oppressione è ancora più dura, il proletario di oggi è in condizioni più gravi
di quelle del servo della gleba; ma esso è formalmente uguale agli altri
uomini. L'uguaglianza non si realizza più soltanto dinanzi alla tomba, ma
dinanzi alla legge: formalmente la società borghese risolve tutte le sue
contraddizioni e per ogni soperchieria brutale che il capitalismo compie, per
ogni forma di sfruttamento che il capitalismo impone alle classi oppresse, esso
deve sempre trovare una giustificazione ideale. Di fronte ad una contraddizione
che si aggrava sul piano sociale, bisogna sempre trovare una apparenza di
soluzione valida sul piano formale: ed è questo il servigio che i ceti medi
rendono alle classi capitaliste, è appunto il servigio di tradurre in questo
linguaggio ideale e formale le contraddizioni brutali della società.
E non c'è nulla di più assurdo nella situazione di oggi
del buon piccolo e medio borghese che ogni giorno è brutalmente spogliato della
sua proprietà dal grande capitale attraverso la pressione fiscale, le
svalutazioni monetarie, il giuoco di Borsa, e, ciononostante, si proclama
difensore della proprietà e naturalmente della proprietà così com'è, cioè,
della proprietà capitalistica, contro il socialismo. Non v'è nulla di più
assurdo nella posizione di questo medio e piccolo borghese oppresso nella sua
libertà, perché ogni giorno più ridotto a mero strumento della politica
capitalistica — sulla quale non esercita alcuna influenza — costretto perfino
ad assimilare le idee che gli fornisce bell'e fatte la stampa
dell'imperialismo, la cui possibilità di informazione è annullata e la cui
libertà di giudizio è violata sin nell'in-timo delle coscienze, e che ogni
giorno di più si fa difensore della libertà esistente, cioè dell'ordine
stabilito, contro le minacce che gli verrebbero dal socialismo.
È veramente una situazione assurda e io la sottolineo in
questo dibattito, perché credo che essa ci aiuti a mettere in rilievo quello
che, secondo me, è l'elemento che va denunciato nello strumento che è
sottoposto alla nostra ratifica. Il Consiglio europeo, cioè, è la maschera progressista,
idealista che deve coprire due realtà brutali: la manomissione economica che
l'imperialismo, il grande capitale americano, esercita sull'Europa e la
politica del blocco occidentale in funzione antisovietica.
Tradurre questa politica nel linguaggio del federalismo,
esprimere cioè questa realtà di sopraffazione e di soperchieria in termini
ideali, è un mezzo che serve a fare accettare questa politica a molta gente in
buona fede per poi servirsi di tutta questa gente in buona fede come specchio
per le allodole onde trascinare certi strati della popolazione dalla stessa
parte. [...]
Il compito nostro, il compito di un Partito di classe è
quello di ritradurre in linguaggio di classe queste contraddizioni del mondo
capitalistico, è, per esprimersi con frase marxista, quello di rendere ancora
più oppressiva l'oppressione reale aggiungendovi la coscienza dell'oppressione,
di lottare cioè non per contrastare il cammino della storia, ma per fare
sfociare le contraddizioni, che lacerano questo mondo, nella loro vera
soluzione, per risolverle non sul terreno formale e giuridico, ma sul terreno
reale del superamento delle contraddizioni, cioè dell'avvento di una società
migliore.
Noi voteremo quindi contro questa ratifica, perché nel
Consiglio europeo vediamo molto più di quanto non sia scritto in questi
articoli: vediamo una unità europea che vuol raggiungersi al servizio dei
trusts americani; vediamo i passi già fatti e quelli ancora da fare
semplicemente come condizioni per la migliore attuazione di una politica di
classe, che noi condanniamo.
Voi passerete oltre alla nostra opposizione, come
passerete oltre alla nostra opposizione al patto atlantico. Gli strumenti di
questa politica di dominazione, di questa politica di lacerazione interna, di
profondi conflitti continueranno ad accumularsi nelle vostre mani e nelle mani
dei vostri amici di oltre Atlantico; e nella misura in cui voi li accumulate,
voi esasperate le contraddizioni della società, voi acuite la lotta di classe;
nella misura con la quale li accumulate, voi avvicinate la nostra
vittoria.
È stato detto che quando la notte appare più buia, l'alba
è vicina; quanto più voi crederete di aver garantito la vostra sicurezza,
quanto più voi crederete di aver assicurato il vostro dominio e di avere steso
sull'Europa l'ombra buia di questa reazione, tanto più vicina sarà l'alba del
nuovo giorno che sta per spuntare. Noi ne abbiamo la certezza, signori del
governo, perché noi siamo fra coloro che non hanno bisogno di aspettare che il
sole sorga per credere alla luce.
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