sabato 4 giugno 2016

Lelio Basso ed il Consiglio d'Europa



Sul disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dello Statuto del Consiglio d'Europa e dell'accordo relativo alla creazione della commissione preparatoria del Consiglio d'Europa, firmato a Londra il 5 maggio 1949


Camera dei deputati, seduta del 13 luglio 1949
il disegno di legge (stampato n. 629), presentato dal Presidente del Consiglio, De Gasperi e dal ministro degli affari esteri, Sforza, fu approvato dalla Camera dei deputati nella seduta del 13 luglio 1949, e, dopo l'approvazione definitiva da parte del Senato nella seduta del 23 luglio, divenne la legge 23 luglio 1949, n. 433. Il trattato che dava vita al Consiglio d'Eu­ropa era stato firmato il 5 maggio 1949 a Londra, da dieci Stati europei (Belgio, Danimar­ca, Francia, Italia, Irlanda, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito e Svezia), ai quali se ne aggiunsero successivamente altri.

(PDF)
[...] Ma non vi è dubbio che, attraverso questi contrasti, che rifletto­no contrasti più vasti, anche il Consiglio europeo tende ad inqua­drarsi come uno strumento di questa stessa politica, uno strumento della politica atlantica, e quindi dobbiamo considerare l'accordo oggi sottoposto alla nostra ratifica come manifestazione di politica atlan­tica.

Credo non vi sia bisogno di soffermarsi a dare di ciò molte dimo­strazioni. Basterebbe pensare all'origine; il Consiglio europeo nasce dall'unione occidentale, dal patto di Bruxelles, dal patto delle cinque potenze (Inghilterra, Francia e Benelux), che hanno preso l'iniziativa di convocare le altre potenze. Basterebbe leggere il preambolo del Consiglio europeo, che ad un certo punto così dice: "Attaccati ai va­lori spirituali e morali, che sono il patrimonio comune dei loro po­poli, e che sono all'origine dei principi di libertà individuale, di pre­minenza del diritto su cui si fonda ogni vera democrazia, ecc." e con­frontarlo con il preambolo del patto atlantico, il quale ugualmente dice: "Gli stati contraenti sono decisi a salvaguardare la libertà dei popoli, la loro comune eredità e la loro civiltà fondate sui principi della democrazia", per sentire che unico è il motivo ispiratore.

Sono gli stessi preamboli della Santa alleanza e del Patto anticomin­tern. E sempre così: quando la reazione vuole giustificare sé stessa, Si fa appello alla tradizione, all'eredità, agli elementi del passato, e si chiama tutto questo difesa della civiltà, della civiltà cristiana, della ci­viltà occidentale, a seconda delle circostanze. Ma la sostanza è sempre la stessa. Ma è, del resto, lo stesso ministro Sforza, che in un discorso pronunciato a Bruxelles, il 20 giugno, disse che il Consiglio europeo è uno strumento della politica atlantica; anzi, disse, che la vera unione europea è quella che si manifesta attraverso il Patto atlantico.

Disse testualmente l'onorevole Sforza: "Il problema della unità europea si è imposto progressivamente in tutti gli ambienti, nei Parlamenti, tra gli scrittori politici, ed anche presso vari governi europei. Nel breve giro di poche settimane ho firmato un trattato per la creazione di un'unione doganale tra l'Italia e la Francia, un'unione doganale concepita nello spirito che vi ha animato all'epoca del vostro accordo con i Paesi Bassi e con il Lussemburgo. Ho firmato gli atti che garantiscono la vita della Organizzazione economica per la cooperazione europea che ha sede a Parigi, la quale speriamo divenga il ministero dell'economia europea. Ho firmato a Washington con altri 11 ministri degli esteri il Patto atlantico, che rappresenta, sotto alcuni aspetti, l'autentico inizio di una Unione europea ed infine, il mese scorso, ho firmato per l'Italia, come il mio collega Spaak ha firmato per il Belgio, l'atto costitutivo del Consiglio europeo e dell'Assemblea europea". Non v'è dubbio quindi che l'onorevole Sforza considera il Consiglio europeo come uno strumento di questa politica atlantica e lo considerano tale anche gli americani — il che è più importante — come ad esempio un autorevole ex-ministro degli affari esteri americano, Sumner Welles, il quale in un articolo dell'I 1 febbraio, dopo il primo comunicato che annunciava gli accordi per il Consiglio europeo, diceva: "Il progetto attuale è un debole compromesso. Esso respinge la tesi francese, secondo cui bisogna creare un potente Parlamento europeo. Il progetto non contiene nessuna disposizione che preveda la limitazione delle sovranità nazionali. 

Un'ombra di unione europea del genere di quella che si progetta attualmente, ha delle chances di essere di qualche utilità pratica per gli Stati Uniti? 

Esiste una ragione valida perché non si dica francamente a quei Paesi che ricevono aiuti a titolo Erp (European Recovery Program, ossia Piano per la ripresa europea, ndr), e che riceveranno armi per la loro difesa in conseguenza del Patto atlantico, che uno dei principali risultati ricercati dal popolo americano, in cambio dei sacrifici che esso consente per l'Europa occidentale, è una federazione reale dei Paesi dell'Europa occidentale?" 

È chiaro quindi che nelle intenzioni del ministro Sforza e nella realtà dei fatti il Consiglio europeo è uno strumento per la realizzazione delle stesse finalità che l'imperialismo americano si è assegnato col patto atlantico. E uno strumento per sviluppare la stessa politica mondiale dell'America, e contro la quale le resistenze inglesi hanno lo stesso significato delle resistenze di un imperialismo che tramonta contro un imperialismo che si afferma vittorioso, resistenze di un egoismo conservatore, contro un egoismo aggressivo e conquistatore. Ora, quale è il posto che questo Consiglio europeo occupa nel quadro generale di questa politica atlantica; quale è la funzione che gli compete? È indubbiamente ed essenzialmente per ora (in attesa di ulteriori sviluppi) una funzione dì copertura. Il patto atlantico parla anche esso di ideali, ma parla anche di armi, che sono uno strumento di politica molto più realistico; il piano Marshall parla di cooperazione, di ideali, di mutuo appoggio, ma parla anche di quattrini, che sono qualche cosa di prosaico. Ora è bene invece avere uno sfogo per i puri ideali, un'assemblea dove si può parlare soltanto di ideali europeistici, e non di armi né di quattrini. 

Questo piace all'opinione pubblica; questo piace a certi strati soprattutto della piccola e media borghesia. Perché noi ci rendiamo meglio conto dell'importanza fondamentale che queste cose hanno nel quadro generale della politica capitalistica, è necessario pensare che tutta la società borghese è costruita essenzialmente su due piani: il piano della lotta di classe, il piano ove si svolgono le cose così come sono realmente nella loro dura brutalità, e il piano in cui questi rapporti di classe, in cui le contraddizioni della società, in cui tutti i conflitti che ci dilaniano, sono, viceversa, espressi e risolti in termini puramente formali  e puramente giuridici. 

La vecchia società precapitalistica chiamava più brutalmente le cose col loro nome, aveva anch'essa una divisione in classi, delle contraddizioni interne, una oppressione di classi su altre classi; ma chiamava privilegi i privilegi, diceva apertamente che il servo della gleba era legato alla terra, dava apertamente agli ordini privilegiati, nobiltà e clero, maggiori diritti che al Terzo Stato, proclamava in tutte lettere quali erano le restrizioni dei diritti dei cittadini non appartenenti agli ordini privilegiati. Era una società che confessava apertamente le sue contraddizioni, perché rimandava la soluzione di queste contraddizioni all'oltretomba: l'uomo che sentiva la sua disuguaglianza su questa terra, si consolava pensando che era uguale agli altri nell'aldilà e si rassegnava a un'oppressione che riguardava solo il breve periodo di passaggio su questa terra. 

La società borghese è sorta negando questi principi, è sorta chiedendo che la società risolvesse le sue contraddizioni in questo mondo e che cessassero gli ordini privilegiati e l'oppressione che ne derivava. Perciò essa ha dovuto risolvere queste contraddizioni su questa terra; ma poiché d'altro lato ha creato nuovi privilegi economici, essa ha potuto risolverle solo su un piano giuridico formale, cioè il contrasto esiste ancora, l'oppressione è ancora più dura, il proletario di oggi è in condizioni più gravi di quelle del servo della gleba; ma esso è formalmente uguale agli altri uomini. L'uguaglianza non si realizza più soltanto dinanzi alla tomba, ma dinanzi alla legge: formalmente la società borghese risolve tutte le sue contraddizioni e per ogni soperchieria brutale che il capitalismo compie, per ogni forma di sfruttamento che il capitalismo impone alle classi oppresse, esso deve sempre trovare una giustificazione ideale. Di fronte ad una contraddizione che si aggrava sul piano sociale, bisogna sempre trovare una apparenza di soluzione valida sul piano formale: ed è questo il servigio che i ceti medi rendono alle classi capitaliste, è appunto il servigio di tradurre in questo linguaggio ideale e formale le contraddizioni brutali della società. 

E non c'è nulla di più assurdo nella situazione di oggi del buon piccolo e medio borghese che ogni giorno è brutalmente spogliato della sua proprietà dal grande capitale attraverso la pressione fiscale, le svalutazioni monetarie, il giuoco di Borsa, e, ciononostante, si proclama difensore della proprietà e naturalmente della proprietà così com'è, cioè, della proprietà capitalistica, contro il socialismo. Non v'è nulla di più assurdo nella posizione di questo medio e piccolo borghese oppresso nella sua libertà, perché ogni giorno più ridotto a mero strumento della politica capitalistica — sulla quale non esercita alcuna influenza — costretto perfino ad assimilare le idee che gli fornisce bell'e fatte la stampa dell'imperialismo, la cui possibilità di informazione è annullata e la cui libertà di giudizio è violata sin nell'in-timo delle coscienze, e che ogni giorno di più si fa difensore della libertà esistente, cioè dell'ordine stabilito, contro le minacce che gli verrebbero dal socialismo. 

È veramente una situazione assurda e io la sottolineo in questo dibattito, perché credo che essa ci aiuti a mettere in rilievo quello che, secondo me, è l'elemento che va denunciato nello strumento che è sottoposto alla nostra ratifica. Il Consiglio europeo, cioè, è la maschera progressista, idealista che deve coprire due realtà brutali: la manomissione economica che l'imperialismo, il grande capitale americano, esercita sull'Europa e la politica del blocco occidentale in funzione antisovietica.

Tradurre questa politica nel linguaggio del federalismo, esprimere cioè questa realtà di sopraffazione e di soperchieria in termini ideali, è un mezzo che serve a fare accettare questa politica a molta gente in buona fede per poi servirsi di tutta questa gente in buona fede come specchio per le allodole onde trascinare certi strati della popolazione dalla stessa parte. [...] 

Il compito nostro, il compito di un Partito di classe è quello di ritradurre in linguaggio di classe queste contraddizioni del mondo capitalistico, è, per esprimersi con frase marxista, quello di rendere ancora più oppressiva l'oppressione reale aggiungendovi la coscienza dell'oppressione, di lottare cioè non per contrastare il cammino della storia, ma per fare sfociare le contraddizioni, che lacerano questo mondo, nella loro vera soluzione, per risolverle non sul terreno formale e giuridico, ma sul terreno reale del superamento delle contraddizioni, cioè dell'avvento di una società migliore.

Noi voteremo quindi contro questa ratifica, perché nel Consiglio europeo vediamo molto più di quanto non sia scritto in questi articoli: vediamo una unità europea che vuol raggiungersi al servizio dei trusts americani; vediamo i passi già fatti e quelli ancora da fare semplicemente come condizioni per la migliore attuazione di una politica di classe, che noi condanniamo. 

Voi passerete oltre alla nostra opposizione, come passerete oltre alla nostra opposizione al patto atlantico. Gli strumenti di questa politica di dominazione, di questa politica di lacerazione interna, di profondi conflitti continueranno ad accumularsi nelle vostre mani e nelle mani dei vostri amici di oltre Atlantico; e nella misura in cui voi li accumulate, voi esasperate le contraddizioni della società, voi acuite la lotta di classe; nella misura con la quale li accumulate, voi avvicinate la nostra vittoria. 


È stato detto che quando la notte appare più buia, l'alba è vicina; quanto più voi crederete di aver garantito la vostra sicurezza, quanto più voi crederete di aver assicurato il vostro dominio e di avere steso sull'Europa l'ombra buia di questa reazione, tanto più vicina sarà l'alba del nuovo giorno che sta per spuntare. Noi ne abbiamo la certezza, signori del governo, perché noi siamo fra coloro che non hanno bisogno di aspettare che il sole sorga per credere alla luce.

Nessun commento:

Posta un commento